Sanantonio42 X Wu Tang Clan Tribute By UODI
20 Giugno / By matteo_admin
SANANTONIO 42 X WU TANG CLAN By UODI
Dopo Gil Scott- Heron, Fu Manchu, Grandmaster Flash, Phase 2 e Charles Mingus, la nuova maglietta prodotta da Sanantonio42 è un tributo al Wu Tang Clan, ideata da UODI.
Un omaggio al disco d’esordio “Enter the Wu-Tang (36 Chambers)”, che il prossimo 9 Novembre compirà 30 anni.
Chi è UODI? Beh, Uodi è un fantasma. Un giorno nella cassetta delle lettere abbiamo trovato un messaggio in cui proponeva questa collaborazione. Ed il tutto si è svolto così, per via epistolare. Non lo abbiamo mai visto ne sentito. Alla fine però, investigando, siamo riusciti a raccogliere la testimonianza di qualcuno che dice di conoscerlo. Un clochard, nel pieno delle sue facoltà mentali, ci ha raccontato quanto segue:
“Uodi è un tipo assurdo. Tutte le volte che gli chiedo di prestarmi qualcosa me la tira in faccia e poi scappa. Il fatto è che non posso fare a meno di scroccare a Uodi perché ha un sacco di cose utili ed interessanti: ci infila il braccio fino alla spalla, rufola un pochino e se ne esce con qualcosa come la foto del Papa o una musicassetta dei Wu-Tang. Uodi non è solo assurdo, è anche misterioso. Molto spesso dice che deve andare un attimo a casa per prendere i soldi e dopo un’ora che non torna vado a casa sua e non lo trovo. Una volta ho seguito Uodi quando andava a casa per prendere i soldi e ho scoperto che non andava a casa per prendere i soldi ma che era sparito e non riuscivo a trovarlo. Uodi è un tipo assurdo quanto misterioso.”
(Sotto presunta foto di Uodi)
Nel 1993 sembrò quasi che l’Hip Hop non sarebbe più tornato come prima.
Quello fu un anno fantastico.
Erano usciti in fila, uno dietro l’altro, “Bizarre Ride II the Pharcyde” ,“The Chronic” di Dr. Dre,“Return of the Boom Bap” di KRS ONE e i Run-D.M.C. avevano riaccquistato fama con “Down With the King.”
Poco prima, il suono e il flow che avrebbe plasmato il futuro, era inscatolato in un contenitore molto ampio, dove ti sorprendeva il jazz dei Tribe Called Quest, la freschezza dei De La Soul, l’attivismo dei Public Enemy e la coscienza criminale degli NWA.
Un fantastico periodo dorato, che avrebbe trovato il suo momento più alto, nel progetto apparentemente folle di un gruppo di nove rappers provenienti dal quartiere meno conosciuto di New York, Staten Island. Almeno fino ad allora.
Se questo album ha resistito alla prova del tempo è perché è stato qualcosa di estremamente rivoluzionario e la storia del suo successo è pazzesca, come i suoi artefici.
“36 Chambers” avrebbe dovuto essere un fallimento per come la critica musicale e sopratutto gli hiphop-heads più navigati lo avevano accolto.
Un prodotto dalla qualità sonora di un demo tape, sotto cui scorrevano rime assurde, in apparenza senza senso, che citavano filmetti di kung fu, fumetti sconci e una fanatica dedizione a una filosofia propagandata da dei monaci cinesi.
Era l’anno in cui Bill Clinton diventava il presidente degli Stati Uniti, al cinema usciva Jurassic Park, mentre il figlio di Bruce Lee moriva durante le riprese del Corvo e, Lorena Bobbitt, era diventata famosa in tutto il mondo per un fatto di cronaca, evirando il pene del marito.
Ecco, ma questi del Clan in che mondo parallelo stavano vivendo?
In verità era tutto ben calcolato e organizzato da uno di loro, che negli anni precedenti aveva provato a ripulirsi la faccia strappando un contratto con un etichetta importante, per poi essere scaricato in cantina.
Ma ecco il lato romantico e crudo della faccenda.
Ti puoi sciacquare il viso quanto ti pare, ma la tua faccia rimane sempre quella.
La débacle aveva consegnato a Robert Diggs, ai più conosciuto come RZA , una profonda saggezza e perseveranza, qualità con cui aveva affilato gli stili dei suoi soci, che a loro volta con le spade sguainate avrebbero affettato verbalmente qualsiasi traccia.
Così sporchi ma estremamente puliti, una somma il cui insieme era decisamente maggiore di ogni singolo.
Oggi l’impero costruito attorno al Clan è parte dell’immaginario della società moderna, fatto di serie TV e, commercialmente parlando, di qualsiasi cosa sia possibile brandizzare (praticamente quasi tutto).
Quindi se hai comprato le mutande che indossi alla catena della grande distribuzione con sopra ricamata una W dalle sembianze di uccello, dovresti intonare anche tu il coro di “Mystery of Chessboxin” che parte dopo la strofa di Ghosface Killah:
“Wu! Tang! Wu! Tang! Wu! Tang! Wu! Ta-a-ang!”
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